Può la libertà di un individuo scadere come un prodotto al supermercato? Come è stata comunicata l’emergenza epidemica nel discorso pubblico? È giusto che un’emergenza sanitaria possa giustificare qualsiasi provvedimento? Ne parliamo di persona con Andrea Miconi, professore di sociologia dei media allo IULM di Milano, al Convegno “Pandemia & (Dis)informazione” a Trieste venerdì 7 ottobre. Proponiamo un intervento del docente in un intervista tratta dal canale Youtube “Darsi Pace – Marco Guzzi“
In vista del convegno “Pandemia & (Dis)informazione”, a Trieste venerdì 7 ottobre, prosegue le nostra proposta di letture propedutiche ai tempi trattati. Andrea Miconi, che sarà ospite del convegno, insegna Sociologia dei Media all’ Universita’ Iulm di Milano, dove coordina il progetto Horizon 2020 European Media Platforms. I suoi libri più recenti sono: Epidemie e controllo sociale (manifestolibri, 2020), Surplus digitale. La filiera del valore da Marx al web (Egea, 2019) e Teorie e pratiche del web (Il Mulino, 2018). Particolare interesse, in quanto strettamente attinente ai temi che animano le attività del nostro Comitato, ha suscitato la sua opera più recente Emergenza di Stato. Intellettuali, media e potere nell’Italia della pandemia (Giometti & Antonello, 2022) Citando dal risvolto di copertina: “questo libro analizza la tematizzazione pubblica dell’epidemia, approfondendo due aspetti in particolare. Il primo e’ la natura cieca, totalitaria, assoluta dell’esercizio di potere statuale a cui stiamo assistendo, che rende utile il ricorso tanto ad alcune classiche categorie sociologiche, quanto a quei diabolici concetti di Schmitt ed Agamben – eccezione; nuda vita; guerra civile – che la classe dei colti sembra avere improvvisamente dimenticato. In secondo luogo, il libro chiama in causa proprio la responsabilità dei signori della discussione pubblica: che hanno falsificato il racconto delle cose, censurato il dibattito scientifico, aggredito e stigmatizzato ogni voce di opposizione, per sottomettersi senza ritegno al sovrano. Cosa che vale per i media e per i giornalisti, certamente; ma anche, e in modo più doloroso, per l’ accademia, l’ industria creativa e la classe intellettuale”.